Se intendete acquistare del vino comunemente detto “da pasto” (cioè, da infiascare e da destinare al consumo quotidiano), non dovete farvi eccessivi scrupoli: qualsiasi stagione e mese dell’anno (ad eccezione del periodo di vendemmia) vanno bene, a condizione che, prima di essere infiascato, il vino non venga tenuto per troppo tempo in damigiana senza le dovute precauzioni. E, per precauzioni, intendo un semplice ma inevitabile accorgimento: l’introduzione, nel contenitore, di una pastiglia di olio di vaselina, che dovrete tenere tra le cose indispensabili per rendere funzionale la vostra piccola cantina.
Se, invece, intendete acquistare dell’ottimo vino da imbottigliare e da destinare all’invecchiamento, il periodo migliore è quello compreso tra la seconda decade di febbraio e l’inizio del mese di aprile; a condizione, naturalmente, che il vino abbia trascorso la necessaria sosta di affinamento e di pre invecchiamento in botte. Perché soltanto in quel periodo? Semplicissimo: perché solitamente il vino disponibile a primavera inoltrata è quello rimasto nella cantina del produttore dalle vendite effettuate nel periodo che ho più sopra indicato; ed essendo un residuo, potrebbe anche trattarsi di prodotto di non eccellenti qualità. Per ciò che concerne il contenitore destinato ad accogliere il vino (sia esso per il consumo quotidiano, sia esso da imbottigliare), ho già detto precedentemente che il più valido è sempre la antica ma preziosissima damigiana che, a seconda dei casi e della necessità, può essere da 50-55 litri, da 25-28 litri, da 15-18 litri.
Rimanendo sempre in tema di contenitori, scarterei a priori le taniche in plastica rigida per due motivi che ho già enunciato nel capitolo riguardante l’attrezzatura ma che ripeto qui.
-Sono provatamente anti-igieniche anche se tenute pulite tanto nell’interno quanto all’esterno;
-Sono dotate di tappi che, essendo talvolta a chiusura non ermetica, determinano una più o meno copiosa fuoriuscita di vino con inevitabile danno al mezzo con cui viene effettuato il trasporto.
Ultimo aggiornamento 2024-11-12 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
Come trasportare il vino
Supponendo che nel vostro “andar per vini” voi stessi ne abbiate acquistato è chiaro che, in un modo o in un altro, quel vino debba arrivare nella vostra cantina.
Nel caso, piuttosto probabile trattandosi di un piccolo produttore, che chi ve l’ha venduto non avesse la possibilità di consegnarvelo a domicilio, dovrete provvedere personalmente. Come, è semplicissimo: controllerete che la damigiana sia ben chiusa (ottimi gli antichi sistemi dello spago legato alla parte superiore del collo della damigiana stessa passando in una fessura praticata sul tappo), la caricherete sulla vostra automobile e, con il prezioso carico a bordo, inizierete il viaggio di ritorno a casa. Naturalmente, anche il trasporto richiede particolari accorgimenti
-Non trasportate mai, in giornate di sole forte, sul portabagagli fissato sul tetto della vettura, una damigiana di vino (sia pure esso di comune consumo) senza una adeguata protezione che potrebbe essere un telo robusto e saldamente legato al contenitore. L’accorgimento vale ad evitare che il sole, riscaldando il vetro, possa arrecare danno al contenuto.
-Trattandosi di vino importante da destinare all’imbottigliamento e all’invecchiamento, sarebbe gravissimo errore collocare la damigiana, anche se ben protetta, sul tetto della vettura. È invece cosa saggia sistemarla nell’interno o nel portabagagli posteriore se sufficientemente capace. La precauzione è di rigore poiché un vino che abbia già compiuto una lunga sosta di affinamento, in botte, deve essere assolutamente trattato con tutti i riguardi; non escluso, ovviamente, quello di evitargli insulti e contaminazioni di origine atmosferica.
-Perché il trasporto del vino — giovane o vecchio che sia — avvenga con tutti i carismi della regolarità, è molto importante che il conducente della vettura proceda a velocità non eccessiva avendo cura di evitare, il più possibile, sobbalzi. A questo proposito, amici lettori, vi invito a rammentare in qualsiasi occasione che il vino è un corpo vivo; e che, essendo tale, va trattato con cura e con particolari attenzioni.
Un cenno conclusivo relativo al trasporto merita l’argomento distanza che alcuni manualisti, non esclusi enologi di ottima fama, asseriscono non dover essere superiore ai 100-150 km, tra il luogo di produzione e di acquisto e quello di destinazione del vino. A tale proposito, senza mancare di rispetto alla fatica e ai punti di vista di emeriti colleghi, sulla scorta di pluridecennali esperienze devo negare il mio avallo a tali limiti. E lo nego in quanto ho personalmente trasportato, negli anni passati, a bordo della mia automobile, vini vecchi e giovani, rossi e bianchi, dalla Sicilia, dalla Sardegna, dalla Calabria e da altre regioni situate a distanze di molte centinaia di chilometri da quelle in cui risiedo. Con le debite precauzioni, ovviamente: prima fra esse, quella di scegliere le ore meno calde della giornata; e, ancora meglio, quella di viaggiare di notte. Altri ne ho ricevuti, sempre da produttori del meridione d’Italia nientemeno che spediti per ferrovia. Alcuni di essi, non solo non hanno subito danni o alterazioni, ma hanno concluso o stanno felicemente concludendo il loro meritatissimo riposo nel silenzio della mia cantina.
Con tali cenni ho appunto inteso dimostrare in modo auspicabilmente credibile, che le grandi distanze non incidono minimamente sulla salute del vino, a condizione che esse vengano coperte in tempi e in orari ragionevoli e che il prezioso carico sia trattato nel miglior modo possibile.